Quelli che
siamo

Dentro lo strumento

Sergio Orabona, ad esempio, è riuscito nel suo sogno di diventare un organista a Stoccarda, alla chiesa di San Giorgio ai Martiri. Adesso viene chiamato in giro a suonare per il mondo, ed è stato a Parigi, Londra e New York solo nei primi tre mesi del 2018. La sua attenzione è però concentrata sull’organo che suona in Germania, che conosce in maniera quasi maniacale. Ogni organo suona infatti in maniera differente rispetto all’altro, influenzato dalla storia che precede la sua costruzione. Orabona ha impiegato così mesi per fare sue queste tonalità uniche, qualche volta tra i mille tasti della tastiera, qualche volta aprendo una porticina nel retro dell’organo. E sparendo là dentro, per manutenere e conoscere la struttura del suo strumento unico al mondo.

Nella foto: Sergio Orabona di fronte all’organo della chiesa di San Giorgio ai Martiri a Stoccarda.

Lingue musicali dimenticate

Stefania Neonato, invece, è approdata a Stoccarda dagli Stati Uniti, dove ha studiato Historical Performance Practice alla Cornwell University, ossia come suonare i grandi classici sugli strumenti originali. La sua è un’opera da filologa: cerca di ricostruire il modo in cui le musiche di Beethoven o Mozart suonassero originariamente sui pianoforti antichi, prima di essere adattate al pianoforte moderno, il cui suono è invariato dal 1875.

Nella foto: la terrazza panoramica del Conservatorio di Stoccarda, dove Stefania Neonato insegna pianoforti storici e fortepiano.

La storia dietro al pianoforte

Nel lavoro di Stefania Neonato bisogna così perdersi in un’infinità di suoni differenti – ognuno influenzato tanto dalla personalità del musicista, quanto da quella dello strumento artigianale e non standardizzato con cui i brani sono stati pensati. Un mix unico al mondo ma perso nel corso degli anni, che si cerca di ritrovare tra le mura del Conservatorio di Stoccarda.

Nel video: la storia di Stefania Neonato, raccontata sullo sfondo di un concerto presso il Museo degli Strumenti Musicali di Stoccarda.

Il volto dell’Europa

Alessandro Giovannini, funzionario alla BCE, la Banca Centrale Europea, voleva contribuire al progetto europeo da quando aveva sei, sette anni. Racconta dei suoi primi disegni, dove faceva la bandiera dell’Italia e sotto il Presidente Scalfaro, quella Statunitense e accanto Clinton, e infine quella europea, senza nulla sotto. Da bambino non riusciva a dare un volto all’Unione Europea, e tuttora crede che questa sia la percezione di molti europei; un problema che cerca di risolvere nel suo lavoro quotidiano nelle relazioni tra la BCE e il pubblico europeo.

Nella foto: Alessandro Giovannini dentro all’edificio principale della BCE, a Francoforte.'

Il vagabondo delle stelle

C’è chi da Francoforte è arrivato, letteralmente, alle stelle. Paolo Ferri è il direttore dell’ESOC, il centro comando dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, che si occupa della gestione da terra delle missioni spaziali. Tra le tante che ha guidato la più è importante è stata forse Rosetta, che ha fatto atterrare il lander Phil sulla cometa 67P – il primo evento del genere nella storia.

Nella foto: Paolo Ferri ritratto nella control room principale dell’ESOC, vicino Francoforte.

Un grande passo per l’umanità

Furono anni passati tra attese snervanti, mentre la sonda si ibernava dopo il passaggio del lato oscuro di Marte, e momenti di pericolo e attività continua, come nei giorni passati preparando l’atterraggio, senza poter dormire un attimo. Fu un’attività così intensa da portare ad un’immedesimazione totale con la sonda che Ferri pilotava; in un certo senso, per lui è stato come atterrare insieme a Phil sulla cometa, come e forse più di un astronauta.

Nel video: la storia di Rosetta raccontata da Paolo Ferri. Credit video Lorenzo Colantoni e European Space Agency.

L’uomo dietro al raggio

Maurizio Vannoni è un ricercatore presso il centro di ricerca X-FEL di Amburgo, all’avanguardia nel mondo per lo studio di raggi-X ad alta intensità, che vengono sparati in tunnel sotterranei lunghi chilometri, e che si trovano proprio sotto il centro.

Nella foto: Maurizio Vannoni durante una misurazione nel suo laboratorio nel centro X-FEL ad Amburgo.

La misura perfetta

La specializzazione di Vannoni è la metrologia; la misurazione cioè quanto più esatta degli specchi e degli strumenti usati nel lavoro con i raggi. Il suo obiettivo è quindi una misura che sia valida per tutti, scevra del momento, delle condizioni di misurazione e delle influenze esterne. Una misura quasi inumana quindi, che lui cerca nel suo laboratorio completamente isolato da polvere e vibrazioni.

Nel video: il racconto della storia di Maurizio Vannoni e del suo lavoro ad Amburgo.

Berlino, Italia

Nel discorso sulla nuova emigrazione italiana in Germania Berlino merita un capitolo a parte. Meta di artisti, alternativi e donne e uomini impegnati politicamente negli anni ’70 e ’80, dalla caduta del Muro ha aperto le porte ad una nuova generazione di italiani, che cercavano nella libertà, nei costi bassi e nella creatività della città quello che tanto l’Italia, quanto Londra, Parigi o Bruxelles non gli riuscivano ad offrire. Capitale tedesca ma città decisamente poco germanica allo stesso tempo, Berlino sta vivendo una nuova rinascita in questi anni per gli italiani (terzo gruppo straniero dopo turchi e polacchi) , influenzata anche dalla Brexit e dall’incerto futuro di Londra, l’altro grande centro dei flussi di italiani dell’ultimo decennio.

Nella foto: nuove costruzioni a Berlino Est.

Ritrovare Berlino

Franco Stella, in realtà, ha una storia berlinese molto lunga, essendo arrivato per la prima volta nella capitale negli anni ’70. Il suo contributo più importante lo ha però dato a partire dal 2008, quando ha vinto il concorso per la ricostruzione del Castello barocco di Berlino, pesantemente bombardato durante la seconda guerra mondiale e infine raso al suolo dal governo della Germania dell’Est. È un lavoro delicato, perché non deve soltanto ricostruire precisamente un monumento andato distrutto, ma anche il nodo urbanistico che rappresentava in relazione ad altri edifici storici, come la porta di Brandeburgo, e il ruolo che l’edificio aveva nella vita della città. Oltre al Castello, quindi, Stella è incaricato di ricostruire un pezzo della vita di Berlino, andato perduto oltre sessant’anni fa.

Nella foto: Franco Stella di fronte al cantiere del Castello di Berlino.

Start-up for dummies

Start-up è una parola chiave a Berlino; un quarto del business della città viene da queste imprese, piccole e relativamente giovani, e che spesso impiegano molti italiani. Ne è un esempio Federico Frascà, che ha trovato terreno fertile a Berlino per la sua impresa: ha incontrato una città dalla brillante vitalità economica, dalle infrastrutture adeguate e, soprattutto, con una varietà etnicha che fornisce il valore aggiunto necessario ad un’impresa innovativa. Elementi che, con il passare degli anni, stanno rendendo Berlino la capitale delle start-up europee.

Nella foto: Federico Frascà di fronte all’ufficio a Berlino della sua start-up, Coureon Logistics.

24h party

Dove meglio si assapora il mito di Berlino è però nella sua vita notturna – che però talvolta diventa anche diurna. I racconti di XX, dj a Berlino, parlano infatti di eventi che iniziano alle nove di sera di venerdì e finiscono 24, 28 ore dopo. Si tratta di feste in ex capannoni industriali o nei locali più famosi, come il Kitkat o il Berghain, dove è facile vedere centinaia di persone in fila tanto alle due di notte, che alle undici di mattina.

Nella foto: uno dei capannoni industriali abbandonati della zona di Schöneweide a Berlino.

Berlino dimenticata

La Berlino più affascinante spesso è nascosta; Zuleika Munizza, architetto e guida, ha fondato Berlin Explorer proprio con l’obiettivo di riscoprire quegli angoli di Berlino Est ed Ovest, le ex industrie abbandonate e i quartieri popolari in via di sparizione. È, in un certo senso, il suo contributo al continuo incontro e scontro tra il nuovo e il vecchio a Berlino, in cui il desiderio di creare si scontra con quello di ricordare. Lei ha così deciso così di schierarsi dalla parte della storia, guidando turisti e residenti nelle zone in via di sparizione a Berlino.

Nella foto:Zuleika Munizza durante un tour a Schöneweide, Berlino.

Spaghetti al piombo

L’Italia che Berlino ospita porta purtroppo spesso con sé anche i problemi del paese. Mafia? Nein Danke! nasce proprio per contrastare il dilagarsi del fenomeno mafioso in Germania, dopo la strage di Duisburg del 2007. L’associazione è riuscita a eliminare una rete di pizzo a Berlino proprio pochi mesi dopo la sua creazione. Una missione che continua tuttora, soprattutto nell’affrontare la scarsa consapevolezza dei tedeschi, che alla mafia guardano come ad un fenomeno esclusivamente italiano. E che invece è sempre di più genuinamente tedesco.

Nella foto: il team di Mafia? Nein Danke! nel loro ufficio di Berlino.

Storia d’Europa
in un quadro

Roberto Contini è il direttore della Gemaldegalerie, il museo rinascimentale parte del gruppo degli Staatliche Museen zu Berlin, e il suo lavoro passa tanto tra le sale della galleria, quanto tra i suoi depositi. Lì trova quadri che raccontano, nelle loro cicatrici, la difficile storia europea: ci sono quelli portati dall’Italia in epoca napoleonica e nella Restaurazione, e quelli invece devastati dai bombardamenti o dal trasporto in Russia durante il secondo dopoguerra. Infine, negli spazi vuoti, vede le centinaia di opere della Galleria perse nel corso dei decenni. Tele e pale che è in parte la sua missione, in parte il suo sogno recuperare.

Nella foto: Roberto Contini nei depositi della Gemaldegalerie.

La malattia del ferro

C’è chi, infine, arriva in Germania con un po’ di nostalgia della sua vita precedente. Simone Massimello è stato un ufficiale su navi cargo e da crociera per dodici anni, prima di approdare ad Amburgo. Ogni cinque, sei mesi attraversava l’Atlantico tre o quattro volte, non ricorda più il numero di giri del mondo che ha compiuto. Adesso supporta trentotto navi da crociera in tutto il globo dalla control room di Carnival Maritime, un incarico di grande responsabilità. Eppure, ogni tanto pensa con nostalgia alla sensazione piacevole del ferro freddo della nave sulle mani. Quella che i marinai chiamavano “la malattia del ferro”, appunto. Nel video: la storia di Lorenzo Annese e di Luigi Cavallo.

Nella foto: la vista di Amburgo dagli control room di Carnival Maritime.

Un popolo di viaggiatori

Il cambiamento della comunità italiana è così visibile nelle tante, nuove storie individuali di chi è venuto sulla scia di una nuova generazione di migranti italiani, aiutati dai voli low-cost (la cosiddetta “generazione Easyjet”), dall’apertura delle frontiere europee e così dal riconoscimento degli italiani non più come stranieri, ma come cittadini europei. Caratteristiche che, in un certo senso, rendono questa generazione più una di viaggiatori, che una di migranti.

Nella foto: una vista notturna del porto di Amburgo.

Un Progetto di
Lorenzo Colantoni & Riccardo Venturi



Con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie.
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