Storie di mezzo

Gli altri italiani di Germania

Se è vero che la comunità italiana in Germania racconta spesso di storie legate al passato operaio o alla grande varietà dell’emigrazione contemporanea, esistono anche vicenda che non si inquadrano né nell’uno, né nell’altra. Si tratta di persone che sono venute al tempo degli operai ma per fare altro, chi l’artista, chi l’imprenditore. Altri invece appartengono ad ondate migratorie meno conosciute, ma altrettanto importanti: i ribelli che scappavano dall’Italia dopo il ’68, oppure chi è arrivato in Germania per contribuire alla riunificazione dopo la caduta del Muro. Infine, esistono altre storie, di sintesi: giovani migranti italiani che lavorano con altri migranti, ma dall’Africa e dal Medio Oriente, oppure seconde o terze generazioni che si svincolano dal passato operaio per approdare nelle gallerie d’arte. Storie di mezzo, che raccontano la varietà di una vicenda migratoria, quella degli italiani in Germania, mai identica a sé stessa.

Nella foto: panorama di Berlino.

Storia di Hans Lorenz

Giovanni di Lorenzo, ad esempio, è il direttore del Die Zeit, uno dei più noti settimanali tedeschi, e uno dei primi presentatori di origine straniera nella tv tedesca. Nato in Svezia ma cresciuto tra l’Italia e la Germania, il suo è un punto di vista a metà tra quello tedesco e quello italiano, e che gli permette uno sguardo completo, anche se a volte contraddittorio, sulle complesse relazioni tra i due paesi. Una doppia natura che non tutti hanno sempre compreso: il suo primo articolo uscì a sua insaputa con la firma di Hans Lorenz, lo pseudonimo che il giornale di Monaco Abendzeitung aveva scelto, forse per celare un nome ritenuto troppo esotico.

Nella foto: Giovanni di Lorenzo nel suo ufficio al Die Zeit, ad Amburgo.

Ragazza ribelle

Elettra de Salvo è invece arrivata in Germania come “ragazza ribelle”. Formata dal padre alla Deutsche Schule di Roma per il suo amore per la disciplina tedesca, lei invece si innamorò del paese per la libertà che ci aveva visto. Partì così spinta dalla delusione di molte altre ragazze, e ragazzi, per la fine deludente degli eventi del ’68 in Italia. Attrice e performer, collaborò con, tra gli altri, Marina Abramovich per una serie di spettacoli in Germania. Un’attività a cui adesso ha aggiunto il supporto alle nuove e ai nuovi arrivati italiani nel paese – in altre parole, le nuove ragazze e ragazzi ribelli.

Nella foto: Elettra de Salvo ritratta in una ex centrale elettrica di Berlino Est, ora centro di co-working e sede di compagnie come Zalando.

Rapita dalla passione

Etta Scollo è, oltre che un’amica di Elettra de Salvo, anche lei un’altra ragazza ribelle. Non era però in fuga dalla propria educazione, essendo figlia di una famiglia siciliana molto aperta, ma dal clima di piombo della Torino degli anni ’70 in Italia. Troverà un’alternativa prima in Austria, dove lei andrà al seguito di un pianista di cui si era innamorata, e poi ad Amburgo e Berlino, dove verrà rapita dal jazz internazionale e dalla musica tedesca contemporanea.

Nella foto: Etta Scollo mentre suona sulle terrazze del teatro musicale Neukollner Oper, a Berlino.

Il volto del cabaret

Ennio Marchetto è un trasformista che ha trovato in Berlino la meraviglia dimenticata del Vaudeville. Porta i suoi spettacoli in giro per il mondo, dalla Radio City Music Hall di New York fino all’Etiopia, ma ha in Germania e nel TIPI Theatre di Berlino uno dei suoi posti preferiti. Qui trova quel tono da cabaret vecchio stile ormai perduto, dove riesce a esibirsi nel suo spettacolo, mix di mimo e trasformismo, in cui cambia quaranta, cinquanta costumi nel giro di un’ora.

Nella foto: Ennio Marchetto durante le prove di uno spettacolo al TIP Theater di Berlino.'

Beatles e scaricatori di porto

Bruno Bruni può raccontare di due differenti vite, condotte ad Amburgo negli anni ’60 e ’70. Da un lato la sua vita d’artista, che conduceva studiando di giorno all’accademia d’arte, e passando la sera nelle famose feste di Amburgo dove talvolta si contendeva con John Lennon o Paul McCartney, lì in quel periodo, le ragazze più belle. E poi c’era la vita da scaricatore di porto; finite le feste, prima di prendere in mano il pennello, andava ai docks di Amburgo e attendeva le casse da scaricare, e così quella paga giornaliera che gli ha infine permesso di diventare un artista capace di vivere, in stile, della propria arte.

Nella foto: Bruno Bruni ritratto nel suo studio ed abitazione costruito dentro ad un’ex piscina degli anni ’30.

La voce degli italiani

Pasquale Marino ha iniziato la propria avventura in Germania come figlio di operai, ma è diventato infine la voce degli italiani. Dopo essere riuscito a studiare e laurearsi ha lavorato al Consolato di Saarbrucken e poi a quello di Francoforte dove, giovanissimo, è diventato lo speaker della Mezz’Ora Italiana, il programma della rete radiofonica nazionale tedesca dedicato alla comunità italiana. Marino ha contribuito a rivoluzionarlo, trasformandolo da semplice occasione di informazione per gli italiani residenti in Germania, a racconto della presenza e della cultura italiana, con ospiti come Adriano Celentano e Domenico Modugno.

Nella foto: panoramica di Francoforte.

Migranti in parallelo

Chiara De Monte ha, in un certo senso, cercato rifugio in Germania dall’intolleranza di alcuni italiani. Sposata con uno dei rifugiati che sua madre, sindaco di Santo Stefano di Cadore, aveva deciso di ospitare nel paesino, se ne è andata per le limitate possibilità di lavoro offerte per lei e il marito, e per l’intolleranza che molti esprimevano nei confronti della sua scelta, che tanti non riuscivano ad accettare. Lavora adesso con rifugiati siriani e afgani alla periferia est di Berlino, vicino Pankow. Un ambiente dove però il modello di accoglienza tedesco, e l’apertura delle frontiere promossa da Angela Merkel nel 2015, viene sempre più messo alla prova dalla crescente intolleranza.

Nella foto: il centro rifugiati di Marzahn dove lavora Chiara De Monte.

La delusione di Berlino

Lorenzo Scotto di Luzio è stato spinto dal suo gallerista a spostarsi da Napoli a Berlino, seguendo la scia degli artisti che si sono trasferiti nella città nei primi 2000, ma racconta una storia differente rispetto alla visione dorata e all’entusiasmo di molti. La competizione con tanti artisti, la mancanza di compratori rispetto a città con maggiori flussi finanziari, come Stoccarda e Francoforte, e i costi crescenti di una città sempre più alla moda, e meno spontanea, non gli hanno concesso la realizzazione che cercava. Un’esperienza però che gli ha permesso di conoscere sua moglie, e di trovare nella vita personale quello che il mondo artistico berlinese non gli ha fornito.

Nella foto: Lorenzo Scotto di Luzio nel suo studio di Kreuzberg, a Berlino.

La rivoluzione di Prisco

Arturo Prisco è un uomo che, in un certo senso, ha fatto della Germania il centro del suo cambiamento permanente. Ha rivoluzionato le vendite della filiale D’Agostini che aveva vicino Lodi per pagarsi i viaggi per andare a trovare la sua futura moglie a Monaco – partendo con un team di venditori composto da un prete, un meccanico e uno studente di legge. Ha aperto le porte ai tessuti italiani con la Prisco Haus di Monaco, dove si è costruito un nome e attirato importanti compratori all’inizio negando appuntamenti, facendo finta che l’atelier, vuoto nelle prime settimane, fosse invece troppo occupato. Riuscendo, infine, a cambiare ancora una volta il suo lavoro, ed accettare la grande sfida di ricostruire un quartiere di Dresda. Una prova passata con successo: dopo aver inaugurato il quartiere, l’amministrazione decise di dedicargli una via, il “Prisco Passage”.

Nella foto: Arturo Prisco nella sua casa di Monaco, di fronte a quella che fu la residenza in città di Hitler.

Rompere la Cortina di Ferro

Un’altra grande sfida fu quella di Menarini; l’azienda toscana fu tra le prime ad entrare in Germania dell’Est, in un momento in cui l’entrata del capitalismo terrorizzava aziende ed impiegati che nulla sapevano di standard europei o reti di vendita. Comprarono così la Berlin Chemie, un impianto grande 400mila metri quadrati e che aveva edifici ancora di fine ‘800, completamente da rimodernare. I nuovi impianti, con sistemi di produzione e ricerca all’avanguardia, guardano ancora ai laboratori superstiti dell’epoca sovietica, alcuni ancora con becker e provette abbandonate sui tavoli.

Nella foto: interno della Berlin Chemie a Berlino.

Italiani nell’Est

Attilio Sebastio, ora Chief Financial Officer della Berlin-Chemie, entrò in Germania dell’Est poco dopo la caduta del muro proprio al seguito delle imprese italiane che entravano nel mercato in quegli anni, Parmalat prima e Menarini dopo. Ricorda ancora l’odore intenso del carbone dei riscaldamenti dell’Est, i carri armati abbandonati e quella difficile fiducia di tanti tedeschi dell’est verso l’Occidente, che lui contribuì a ricostruire.

Nel video: la storia di Attilio Sebastio e della Menarini.

Affrontare la riunificazione, da italiani

Luisa Mantovani si ritrovò a Lipsia poco dopo la caduta del Muro con un ruolo simile. Arrivata in Germania per migliorare la sua conoscenza di biologia molecolare, andò dall’Ovest all’Est con il marito per lavorare nella sanità pubblica che molti medici della DDR, con la riunificazione, avevano disertato per evitare indagini sulle loro eventuali collusioni politiche. Le fu così offerto di aprire un reparto di ematologia ed oncologia all’ospedale di Lipsia, e lei accettò; trasformò quello che al tempo era solo un decrepito reparto di geriatria, a cui era solamente stata cambiata l’insegna, in quello che è adesso uno dei centri di oncologia più importanti dell’area.

Nella foto: Luisa Mantovani durante una visita nel suo studio.

Il Rinascimento di Lipsia

Luisa Mantovani ha però anche contribuito anche alla rinascita della famosa vita culturale di Lipsia, aprendo il Kunstkraftwerk, galleria che ospita mostre interattive e video arte. Ha affidato la direzione artistica ad una giovane italiana esperta di comunicazione, Nicole Rundo, cresciuta tra Wolfsburg e la Sicilia.

Nella foto: il Kunstkraftwerk durante uno spettacolo di video tridimensionali dedicato agli Uffizi.

Tra la fabbrica e la galleria

Nicole Rundo accettò subito, e venne catapultata in un universo eterogeneo e sconosciuto; in uno dei suoi primi lavori dovette sistemare un artista dentro alla galleria, dove avrebbe vissuto per un mese vicino ad una gigantesca vasca di capitoni. Ha visto nell’opportunità offerta dal Kunstkraftwerk la possibilità di fare quel salto dal lavoro alla Volkswagen, quello di suo padre e suo nonno, verso un mondo di opportunità a cui i primi gastarbeiter non avevano accesso.

Nel video: Nicole Rundo racconta la propria storia e quella del Kunstkraftwek.

Migranti, viaggiatori, sognatori

Gli italiani di Germania come Nicole Rundo rappresentano in un certo senso la sintesi della complessità del fenomeno migratorio italiano passato e contemporaneo: ai flussi dominanti, come quello operaio e quello post-crisi finanziaria, si associano mille altre storie differenti, lungo la geografia economica tedesca e le sfaccettature della società italiana, e a loro volta si intersecano con altre migrazioni, europee e non. Un quadro che racconta le migrazioni globali più che come una serie di scatole chiuse, piuttosto come una colorata ed intricata matassa di fili.

Nella foto: uno dei ponti sull’Elba ad Amburgo.

Un Progetto di
Lorenzo Colantoni & Riccardo Venturi



Con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie.
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